Governance della vigilanza privata, quanto pesa la crisi dei corpi intermedi?

Maria Cristina Urbano, presidente di ASSIV, analizza nell'intervista a essecome le cause delle difficoltà del mondo della vigilanza privata a esprimere una governance unitaria. Oltre a scontare la crisi generalizzata dei corpi intermedi, il settore risente della "personalizzazione" del corpo intermedio stesso visto come schermo per promuovere interessi di pochi.

Si parla da tempo di “crisi dei corpi intermedi” intesi come partiti, sindacati, associazioni e quant’altro sia concepito come tramite tra cittadini e istituzioni. Dal suo punto di osservazione qual è la situazione in generale?
In effetti è più di un decennio che studiosi, politici e titolati giornalisti discettano della crisi dei corpi intermedi, analizzandone le cause ed i possibili rimedi, ma il declino, a mio avviso, è sempre più palpabile, ed è il portato di un mix di fattori: il più evidente è quello della (quasi) scomparsa delle forme di aggregazione tradizionali: il circolo ricreativo e culturale, la sezione di partito, il sindacato, la parrocchia, perfino i vari “club” di discendenza anglosassone, che mischiavano l’appartenenza ad una classe sociale alle “charity missions”, sono in penosa crisi vocazionale.
Quei luoghi e quei momenti aggregatori servivano non solo per sviluppare la “vita sociale”, elemento fondante dell’essere umano, ma anche e soprattutto per confrontare idee, per sviluppare progetti e porre obiettivi utili ed omogeni per soggetti aggregati.
Il mio punto di vista, che è quello della presidenza di una associazione di categoria, non può che rilevare gli stessi sintomi di grande stanchezza e di una certa sfiducia nei confronti dell’efficacia delle attività poste in essere, a cui peraltro si associa una scarsissima volontà di impegno personale da parte degli associati...

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