Vigilanza al bivio: operatori fiduciari o di sicurezza sussidiaria?
Al convegno Certificatori, Certificati, Certificandi del 23 marzo scorso è stato fatto il punto sull’attuazione del DM 115 con il Ministero dell’Interno, Accredia e una folta partecipazione di operatori, consulenti ed enti di certificazione. Secondo i dati del Ministero, sono 190 gli istituti certificati a fine marzo su 800, con 23 enti certificatori accreditati, dei quali 7 per le tre norme di riferimento (UNI 10459 e 10891, EN 50518)
Seppure lentamente e con molte difficoltà, si è dunque messa finalmente in moto la macchina della certificazione cogente degli istituti alle norme previste dal DM 269, perno delle riforma del settore. Le testimonianze di alcuni istituti, con caratteristiche diverse, che hanno già passato le verifiche hanno attestato la sostenibilità del processo di certificazione, evidenziando anche i potenziali vantaggi per l’organizzazione aziendale.
Tutto bene, dunque?
In realtà, al convegno è apparso chiaramente il vero problema che sta affliggendo la categoria: avere un futuro da operatori della sicurezza sussidiaria o da operatori fiduciari?
Un problema esiziale, drammatizzato dalla palese contraddizione tra un impianto normativo che impone e delinea puntualmente il profilo degli “operatori di sicurezza sussidiaria”- ai quali lo Stato e i cittadini possano affidare la tutela di obiettivi sensibili, di persone e di beni a fianco delle Forze dell’Ordine - e un mercato interessato solamente al risparmio, disponibile ad avvalersi anche dei cosiddetti "operatori fiduciari" che operano al di fuori di quell'impianto normativo.
Con il paradosso di uno Stato che, per ridurre i costi, affida a questi ultimi perfino la sicurezza di obiettivi sensibili come i tribunali (leggi l’articolo).
Il 23 marzo i rappresentanti di ANIVP (Marco Stratta), ASSIV (Maria Cristina Urbano) e Assovalori (Antonio Staino) - le associazioni che avevano sostenuto la riforma fin dalle prime battute, proprio per determinare in modo inequivocabile le caratteristiche sia degli operatori di sicurezza sussidiaria che dell’ambito operativo di riferimento - hanno chiesto di fare urgente chiarezza su due punti centrali:
- l’atteggiamento dell’Amministrazione nei confronti degli operatori che non avranno ottenuto la certificazione di rispondenza alle norme previste dal DM 269
- la definizione dei servizi di sicurezza sussidiaria eseguibili esclusivamente da operatori in possesso dei requisiti di legge
Queste associazioni sostengono che qualsiasi ambiguità da parte delle prefetture nei confronti dei soggetti non in possesso dei requisiti minimi, e la mancanza di certezze sulle attività di pertinenza esclusiva degli operatori di sicurezza sussidiaria, potrebbero vanificare l’esito della riforma e dissipare, di conseguenza, il concetto stesso di sicurezza partecipata.
Uno scenario tutt’altro che improbabile e, forse, non a tutti sgradito, come ha sottolineato il presidente di FederSicurezza Luigi Gabriele (leggi l’intervento), che sostiene da tempo l’esigenza di assecondare il mercato lasciando spazio ai servizi fiduciari, destinati alla crescita come già avvenuto negli altri paesi.
Affrontiamo un quadro così complesso e determinante per il futuro della sicurezza privata nel nostro paese, pubblicando le posizioni dei rappresentanti del settore, a partire da quella di Marco Stratta, segretario generale di ANIVP (leggi).
A cura della Redazione