Ma davvero la vigilanza è come uno yogurt scaduto?
editoriale di essecome
“Lei vuole sapere come va con il recruiting? Le dico solo che questa settimana avremo fatto una ventina di colloqui e non uno, dico uno ha accettato di venire da noi, neanche per sbaglio! Un disastro, mai vista una cosa simile!”, l’imprenditore si agita rispondendo alla domanda d’obbligo in questo periodo.
“Sono mesi che dobbiamo dire di no a clienti nuovi che ci chiedono servizi quando per soddisfare quelli vecchi dobbiamo chiedere in ginocchio al nostro personale di saltare i riposi, spostare le ferie e fare turni assurdi. Così anche gli anziani si stanno stancando e se arriva l’Ispettorato del Lavoro ci massacra. L’altro giorno uno dei miei fedelissimi ha dato le dimissioni con le lacrime agli occhi per andare a fare il cameriere, dicendo che non ce la faceva più. Ha anche detto che questo lavoro è ormai uno yogurt scaduto, non ha futuro.” Si ferma per qualche attimo e riprende sconsolato: “Il guaio è che ha ragione lui, è finita un’epoca e non l’abbiamo capito in tempo.”
Queste battute, tratte da una conversazione di qualche giorno fa con il titolare di una società di sicurezza del nord, fotografano meglio di tanti studi e analisi la drammatica situazione in cui si dibatte la vigilanza in questo momento. La carenza di manodopera che interessa ogni settore la sta trovando pesantemente handicappata da criticità strutturali come l’esposizione ai rischi e i turni 24/7 che già basterebbero ad allontanare chi cerca lavoro.
La categoria è riuscita a peggiorare la situazione, “dimenticandosi” per anni che chi lavorava avrebbe dovuto venir pagato in modo equo, arrivando fino al caporalato. Solo dopo il ruvido richiamo alla realtà della Procura di Milano nel 2023, è stato fatto un primo passo per riportare i salari più bassi almeno alla soglia di povertà ma il danno reputazionale aveva spento le ultime voglie di fare la guardia, armata o no.
Adesso le parti sociali stanno cercando di correre ai ripari preparandosi a rinnovare il CCNL alla scadenza naturale del 2026 per diventare più attenti, ma viene da domandarsi quante aziende saranno in grado di reggere ad un’altra ondata di aumenti dei salari quando il mercato non ha ancora digerito gli aumenti delle tariffe conseguenti alla prima ondata.
In questa complicata situazione, sarebbe interessante capire se le recenti sentenze di condanna di aziende appaltanti ad assumere dipendenti dell’appaltatore siano solo episodi dovuti a leggerezze delle parti nella gestione dell’appalto o se, invece, siano segnali di un’azione coordinata per accelerare il recupero dei livelli retributivi dei lavoratori degli appaltatori dei servizi body rental, equiparandoli a quelli degli appaltanti di pari mansioni.
Se fosse così, quella che potrebbe apparire come una rivoluzione per il mercato italiano degli appalti sarebbe un tardivo allineamento al mercato internazionale, dove i servizi no-core non vengono appaltati a terzi per ridurre i costi sfruttando le differenze salariali ma per avere maggiore professionalità e flessibilità. I lavoratori della sicurezza potrebbero venire finalmente addestrati, equipaggiati e pagati come si deve mentre le imprese non dovrebbero più compiere meschinità indecenti per far quadrare i conti.
Sarebbe, forse, la rottura degli schemi necessaria per togliere la scadenza allo yogurt, fuor di metafora per ridare un futuro al settore ma temiamo non sia cosi.
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