Trasporto valori, ammanco di 38 milioni alla NES di Treviso

Treviso – 700 posti di lavoro, 45 milioni di fatturato, 17 sedi provinciali: questi i numeri della NES (North East Services), la storica azienda veneta di trasporto valori che rischia la chiusura a seguito della scoperta di un ammanco finora stimato in 38 milioni nei suoi caveaux in tutta l’Italia del nord, da Trieste a Genova.

Dalla scorsa settimana, la NES è al centro di indagini della Procura delle Repubblica di Treviso e della Guardia di Finanza, dopo che due banche clienti (Veneto Banca e Banca Intesa) avevano chiesto inutilmente di rientrare in possesso del denaro di loro proprietà, rispettivamente 7 e 13 milioni che avrebbero dovuto trovarsi presso i centri della società trevisana.

Secondo quanto riportato dai giornali locali, la richiesta era stata formalizzata dopo settimane di irregolarità operative e ritardi inspiegabili nelle consegne. Alla risposta negativa da parte della NES, Veneto Banca e Intesa hanno subito informato Bankitalia che ha inviato i propri ispettori accompagnati dalla Guardia di Finanza all’interno dei caveaux, accertando in tal modo la mancanza fisica del denaro che avrebbe dovuto essere custodito. Anche altri clienti – banche, gruppi della distribuzione e, soprattutto, Poste Italiane – hanno successivamente denunciato ammanchi, arrivando a fine settimana al totale provvisorio di 38 milioni.

Le cronache riportano che gli inquirenti avrebbero escluso l’eventualità di fatti dolosi provenienti dall’esterno (furti o rapine) per concentrare le indagini sulla pista interna, in particolare sulla posizione dei vertici della società: il proprietario e presidente Luigi Compiano, l’amministratore delegato Filippo Silvestri e il responsabile operativo Massimo Schiavon, dei quali sono state subito perquisite le abitazioni.

Dopo aver aperto un fascicolo per “furto pluriaggravato da metodo fraudolento e danno patrimoniale alle persone offese”, il Procuratore De Bortoli avrebbe iscritto nel registro degli indagati lo stesso Luigi Compiano, disponendo inoltre rogatorie internazionali per accertare l’eventuale presenza di conti esteri intestati a persone legate alla NES.

Secondo le notizie stampa di oggi, la posizione di Compiano sarebbe stata aggravata dal fatto che la Guardia di Finanza avrebbe trovato nel deposito centrale di Silea (TV) assegni a sua firma intestati a se stesso per 29 milioni di euro, tratti su conti bancari privi di copertura.
Questi assegni sarebbero serviti a coprire contabilmente la scomparsa del contante che, secondo alcune voci, potrebbe almeno in parte essere stato riutilizzato per pagare gli stipendi dei dipendenti degli ultimi mesi. La società era in grave crisi dal 2012, per la perdita di commesse conseguente a gravi irregolarità riscontrate dalla questura di Treviso nell'esecuzione dei trasporti da parte della NES.

Antonio Staino, presidente di Assovalori, l’associazione che rappresenta il 70% delle aziende che trasportano, trattano e custodiscono il denaro, ci ha dichiarato:
“La situazione emersa nei giorni scorsi in capo al gruppo NES di Treviso, presenta connotati che, se venissero confermati, risulterebbero di gravità estrema non solo per l’azienda interessata ma per l’intera categoria e i suoi interlocutori: clienti, dipendenti, istituzioni, assicuratori.
Auspicando che lo sviluppo delle indagini possa fare piena luce su quanto realmente accaduto nei tempi più brevi, Assovalori ribadisce il proprio impegno per una sempre maggiore qualificazione degli operatori di un settore cruciale per l’intera economia nazionale, e sottolinea altresì la piena collaborazione con Banca d’Italia, le autorità tutorie, l’utenza e i rappresentanti dei lavoratori per ridurre al minimo i disagi provocati da situazioni come quella accaduta nei giorni scorsi, e per attuare le più idonee modalità di prevenzione".

La prefettura di Venezia, che aveva rilasciato una nuova licenza di PS nel 2012 secondo i criteri fissati dal DM 269, in quanto la sede legale della NES era stata spostata a San Donà di Piave, è in attesa della relazione della locale questura per un provvedimento di sospensione o di revoca della licenza, che bloccherebbe l’attività della società.
In realtà, la maggioranza dei clienti avrebbe già interrotto con effetto immediato i contratti in essere, provocando di fatto la sua dissoluzione con la conseguente perdita di 700 posti di lavoro.

I sindacati hanno chiesto un incontro immediato al Ministero del Lavoro, essendo una vertenza che riguarda lavoratori dislocati in più regioni, per verificare le possibilità di riassorbimento da parte delle aziende che sono subentrate nell’esecuzione dei servizi.
La preoccupazione è elevatissima perchè, secondo alcune stime, solo il 15 % di quei lavoratori potrà trovare immediata rioccupazione presso i subentranti; per gli altri, i tempi saranno più lunghi ma, soprattutto, con minori possibilità di permanenza nel settore.

A cura di Raffaello Juvara – riproduzione riservata

 

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