Dal Sottosegretario Tofalo le priorità del Governo per la sicurezza del sistema Paese
L'on. Angelo Tofalo, Sottosegretario alla Difesa, spiega in un'intervista a essecome i punti sui quali sta lavorando il Governo per coinvolgere i privati per la sicurezza del sistema Paese. Sgravi fiscali per le spese per la sicurezza, connessione con le strutture di security aziendale, normativa per i contractor italiani i temi al centro dell'attenzione.
Al convegno “Mediterraneo. Città e società sicure” del 30 gennaio lei ha confermato la sua attenzione per il mondo della sicurezza privata come partner dello Stato sia per garantire la sicurezza sul territorio nazionale che per contribuire alla tutela delle imprese italiane che operano in scenari internazionali complessi. Quali sono i punti principali che intende realizzare e con quali tempistiche?
Il tema della sicurezza è priorità del Governo. Un argomento di primissima importanza che non coinvolge solo il Ministero della Difesa bensì tutti i Dicasteri impegnati a orientare i propri sforzi verso un’azione comune in grado di rendere più sicuro il Paese. È forte l’esigenza di favorire una integrazione organica tra tutti quei soggetti che, a vario titolo, interagiscono per la sicurezza del sistema Paese. A questo proposito, si sta lavorando allo sviluppo di protocolli per scambi tra gli attori pubblici e privati che operano nel settore della sicurezza. Ci stiamo dirigendo verso la creazione di un’unica rete che operi sinergicamente al fine di prevenire e meglio rispondere alle complesse e numerose minacce che caratterizzano l’odierno scenario nazionale e globale.
Sono stati accennati provvedimenti per la defiscalizzazione dei costi per la sicurezza. Può anticiparci i contenuti?
La sicurezza, a ogni livello e in ogni settore, deve essere considerata un bene comune, un investimento per le aziende, per le amministrazioni pubbliche e per il Paese, non un costo. L’azione del Governo è volta a colmare l’attuale vuoto normativo e promuovere una defiscalizzazione dei costi. La sicurezza cibernetica in primis. Servono provvedimenti specifici che consentano di rafforzare la partnership tra pubblico e privato. A questi progetti sto lavorando con grande impegno, intervenendo su più tavoli e coinvolgendo il settore dell’industria, quello accademico e il mondo istituzionale.
In che modo si potrà formalizzare il ruolo dei responsabili della sicurezza delle imprese che operano in settori sensibili per gli interessi nazionali, per dare maggiore efficacia alla collaborazione tra lo Stato e i privati?
Riconoscendone il ruolo all’interno del Sistema Paese Italia attraverso azioni governative concrete, ossia iniziando un processo di interconnessione fra lo Stato e le strutture di Security aziendali. Condivisione e trasparenza, dunque, dovrebbero essere le parole d’ordine nel nostro futuro. Un ruolo istituzionalmente riconosciuto della figura del Security Manager potrebbe portare al Paese stesso un contributo importante in termini di sicurezza.
In tale ottica, al convegno “Mediterraneo. Città e società sicure” così come in tante altre occasioni, ho voluto lanciare l’appello per un reciproco impegno volto a costruire insieme il Sistema Paese e rafforzare la sicurezza delle nostre comunità. Ho invitato pertanto i Security Manager a operare proposte costruttive e concrete di collaborazione e condivisione informativa, al fine di stimolarne una possibile e rapida discussione parlamentare.
È possibile prevedere provvedimenti per consentire l’attività di soggetti privati organizzati per tutelare le imprese italiane all’estero, sullo schema dei “contractor” stranieri ai quali oggi sono costrette a rivolgersi con costi elevati e talvolta con palesi conflitti di interesse dei rispettivi Paesi di origine con quelli dell'Italia?
E' un tema all’attenzione del Governo. Come ho già detto, in Italia si fa sentire la necessità di mettere mano a un vuoto normativo, quello relativo alla figura dei cosiddetti contractor. Bisogna fare una legge che ne regolamenti il settore. A tal proposito è necessario prestare molta attenzione a scrivere bene il piano normativo. Sono due gli aspetti su cui ragionare: un mercato che potenzialmente si aggira oltre 250 miliardi, dal quale l’Italia è tagliata fuori e dove, a mio avviso, potrebbe e dovrebbe entrare, e dall’altra parte la necessità di tutelare informazioni sensibili per il nostro Paese.
(intervista a cura di Raffaello Juvara - in caso di riproduzione, citare la fonte)