Retail, i nuovi rischi dell'era dei social media: il caso della pelliccetta ''scagnata''
Nell'era dei social media, il rischio che un qualsiasi episodio di contestazione di una fornitura possa diventare un fatto "virale", con effetti devastanti per l'immagine e la credibilità del brand coinvolto, è ben noto ai reponsabili di tutte le catene di retailer. Silvian Heach, l'azienda interessata al fatto avvenuto nel centro commerciale Campania in provincia di Caserta trovandosi suo malgrado al centro delle cronache, ha saputo trasformare una situazione fortemente penalizzante in un recupero di visibilità positiva.
Un caso che farà scuola nel marketing e nella gestione dei social media, ma che preannuncia anche importanti evoluzioni nella stessa concezione di protezione dei beni aziendali nel retail, ma non solo.
Ora, la domanda è quali danni diretti ed indiretti potrebbe arrecare ai conti aziendali di un retailer un default qualitativo dei prodotti venduti (dalla camicetta che perde il colore alle uova con la salmonella) se non viene opportunamente previsto e adeguatamente gestito nell'era dei social media.
Domanda che si affianca a quella sulle conseguenze economiche, funzionali, sanzionatorie e d'immagine per un attacco subito dal sistema IT aziendale con la sottrazione dei dati personali di migliaia di clienti, magari causato dalle scarse difese informatiche delle telecamere IP installate in un negozio o dalla disattenzione di un dipendente nell'uso di un pc aziendale.
Preoccupazioni che fanno quasi passare in secondo piano le differenze inventariali della merce esposta fisicamente in negozio, per quanto rilevanti a livello complessivo (2.4 miliardi di euro nel 2016, secondo il Rapporto sui furti nel Retail sviluppato da Crime&tech assieme al Laboratorio per la Sicurezza - leggi) e che delineano un cambio di paradigma sostanziale delle competenze e dei profili di coloro ai quali viene affidata la sicurezza aziendale.
Leggi l'articolo di Giuseppe Mastromattei pubblicato da essecome cliccando qui sotto: