Il coaching: la CPU della Security. Quando la sicurezza parte dalle persone e non solo dalle procedure

A fronte alla crisi generalizzata di carenza di risorse umane in tutti i settori pubblici e privati, che tocca in modo diretto e indiretto anche aspetti rilevanti di sicurezza, abbiamo avviato un percorso di approfondimento sulle nuove tendenze nel HRM, tese a rivedere il modello tradizionale di relazione tra datore e prestatore d’opera nell’era della IA.
Iniziamo il percorso con un contributo di Elena Todisco, mental coach e ideatrice del programma “Focus F.E.L.I.C.I.T.À”, per aiutare le persone a sviluppare consapevolezza, equilibrio e forza interiore, per vivere la propria felicità come scelta quotidiana e per costruire, dall’interno, le basi di ogni sicurezza esterna:

Quando si sente parlare di sicurezza, si pensa ai sistemi di difesa, ai dispositivi di protezione, alle regole di comportamento. Eppure, ciò che fa la differenza e la rende efficace sono le persone.
La sicurezza non è solo un elenco di procedure, di regole, bensì una cultura che nasce da comportamenti consapevoli e da valori condivisi.
La sicurezza è sempre stata una necessità, ma oggi lo è più che mai.
Se decolliamo da una visione macro per atterrare su una micro, possiamo citare, rispettivamente, questi ambiti di sicurezza: internazionale e nazionale come la difesa da attacchi esterni; aziendale come la tutela delle persone, dei beni e dei processi produttivi; informatica quale la protezione dei sistemi, delle reti e dei dati in essi contenuti e, infine, quella personale come fiducia di sé, delle proprie risorse e delle emozioni.
Il coaching si inserisce proprio in quest’ultimo piano: quello umano e relazionale.
Se il collaboratore della security, a qualunque livello di coinvolgimento gestionale od operativo, è ignaro delle motivazioni del proprio agire e dei valori del proprio gruppo di riferimento, non è in grado di esprimere la propria totale potenzialità.
Diversamente, se conosce il “perché”, se ha compreso perfettamente il “come” agire e ha fatto propri i comuni valori, che sorreggono l’azione, allora, dà il proprio massimo personale.
Il coaching aiuta a far sì che in ambito aziendale si sviluppi una comunicazione fatta di fiducia, di rispetto e di presenza mentale.
Un gruppo che comunica in modo aperto, assertivo e collaborativo riduce i rischi di incomprensione e quindi di errore nell’esecuzione delle procedure delegate.
Il leader che è consapevole del proprio ruolo positivo e di aiuto per gli altri, che comunica con chiarezza e che ascolta con empatia, non incontra difficoltà con la propria squadra, in quanto ogni membro si sente parte attiva e di valore di un tutto.
Il coaching è, quindi, fondamentale in ambito aziendale, perché aiuta sia a rafforzare la fiducia tra i collaboratori e tra loro e il leader, che a sviluppare una leadership empatica, grazie alla quale, chi guida, trasmette sicurezza, capacità, comprensione e sostegno.
Tutto ciò cambia il clima aziendale e porta la sicurezza ad essere vissuta come valore e non come “si deve fare!”. In ogni organizzazione, la sicurezza è fondamentale, ma spesso, non sono la tecnologia e le procedure a fare la differenza, bensì il fattore umano.
È come possedere un computer con schermo e tastiera funzionanti, ma una CPU difettosa. Perciò, manca il cervello che elabora correttamente i dati e li trasforma in risultati precisi.
Ecco che qui è possibile inserire il coaching, una disciplina e, per me, un modo di essere, che permette alle persone di raggiungere la versione migliore di loro stesse e di diventare quella CPU funzionante attraverso domande guida, esercizi scritti e tecniche di gestione delle emozioni.
Il coach, infatti, non è un consulente che suggerisce la propria visione, bensì aiuta la persona a far emergere tutte le risorse che già possiede e di cui non è consapevole.
Quindi, il coaching aiuta a sviluppare la lucidità mentale interiore necessaria per scegliere secondo i valori anche quando la situazione è difficile e complicata. Il che significa, in un contesto di sicurezza, saper rinunciare a scorciatoie e a compromessi, che metterebbero sicuramente a rischio le persone coinvolte e, di conseguenza, gli obiettivi accettati.
Ogni persona che viene fatta crescere diventa il primo presidio di sicurezza sia per sé stessa che per tutti gli altri. In conclusione, la security non nasce solo da procedure e da regole, ma anche da persone consapevoli, centrate, presenti e responsabili.
Carl Gustav Jung affermava che “chi guarda fuori, sogna, chi guarda dentro, si sveglia”.
La sicurezza è la conseguenza della consapevolezza: più ci miglioriamo e più il mondo, dentro e fuori di noi, diventa sicuro.
Sarà un’utopia? Io credo di no!

 

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