Come deve cambiare la cultura del lavoro. Il punto di InPlace, la nuova APL digitale

Paolo De Vincentiis, amministratore delegato di InPlace, anticipa per essecome i contenuti del suo contributo a SFR 2002.

Quali sono le cause del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro che sta interessando in modo particolare settori labour intensive come i servizi di sicurezza, logistica e il retail, con impatti negativi anche per la continuità operativa dei rispettivi bacini di utenza?
C’è da dire che il mercato del lavoro in generale è radicalmente cambiato negli ultimi 2 anni, per effetto della “rivoluzione comportamentale” a cui ha portato la recente pandemia. L’isolamento forzato, il nuovo equilibrio tra vita personale e vita lavorativa dovuto alle restrizioni degli ultimi anni, il cambiamento radicale che c’è stato nella definizione delle priorità individuali, hanno prodotto un inevitabile cambiamento nelle scelte di ciascuno di noi.
E questo è avvenuto ovviamente anche nell’ambito professionale, considerato che “il tempo del lavoro” impegna gran parte della nostra vita. In aggiunta a questo, si sono diffuse nuove forme e modelli di lavoro, primo tra tutti lo Smart Working e, più in generale, la vecchia e tradizionale “presenza fisica” è sembrata diventare desueta, non più al passo con i tempi, meno interessante e, quindi, meno normale da accettare.
Dimenticando che determinati settori non potrebbero mai prescindere dal fatto di “esserci fisicamente”. Basti pensare a tutto il mondo del turismo, della ristorazione e dell’hotellerie, messi in ginocchio dalla forte carenza di personale disposto a sobbarcarsi turni di lavoro o mansioni prima ritenute “normali”. E’ come se ci si fosse abituati a forme di lavoro meno invasive, più leggere, più in linea con le proprie esigenze personali. E questo fenomeno non ha riguardato solo coloro che sono in cerca di una prima occupazione ma, soprattutto, coloro che prima della pandemia già operavano in determinati comparti. Quegli stessi lavoratori che, richiamati dai loro vecchi datori di lavoro per riprendere la vecchia attività, rifiutano perché magari hanno sperimentate nuove modalità lavorative, che consentono loro di avere un miglior 'worklife balance'. Ecco, dovremo forse abituarci ad una nuova normalità, anche nel mercato del lavoro...

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