Attentato all'aeroporto di Los Angeles, gli errori da evitare
Pubblichiamo l'articolo di Umberto Malato, esperto di sicurezza aeroportuale, ricevuto dal Calendario della Vigilanza Privata:
Dopo il sanguinoso attacco all’aeroporto di Los Angeles ritengo opportuno sottoporre all’attenzione delle Direzioni aeroportuali, degli Addetti alla Sicurezza aeroportuale, della Polizia di Frontiera e dei Security Manager delle Società di Gestione degli aeroporti Italiani aperti al traffico internazionale, alcuni problemi di sicurezza e protezione emersi appunto da una analisi dell’evento. Il DM 85/99 ha indicato la Polizia dello Scalo quale soggetto responsabile della vigilanza e protezione (armata) degli addetti ai controlli di sicurezza ai varchi passeggeri. Si è constatato che l’agente o gli agenti di P.S. preposti alla vigilanza dei varchi non indossano il giubbetto antiproiettile né dispongono a ridosso dei varchi, di una garitta con vetri antiproiettile di protezione che può consentire loro di avere il tempo di reagire con il fuoco ad una aggressione armata, per cui attualmente risultano esposti come gli altri operatori, ad una facile neutralizzazione. Va inoltre valutato se sia effettivamente sufficiente un solo agente di P.S. di vigilanza quando vi sono in funzione 4-6 varchi o non ne occorrerebbero almeno un altro a breve distanza dal primo. Altro aspetto e non di secondaria importanza, riguarda la capacità reattiva degli addetti ai controlli di sicurezza che operano disarmati ma sono i primi a venire a contatto con un eventuale aggressore. Questi ultimi dovrebbero essere addestrati alle tecniche di disarmo ed immobilizzazione sia per proteggere sé stessi che le persone che si trovano nelle immediate vicinanze in quanto, vestendo una divisa a presidio dell’area sterile, costituiscono il primo ostacolo da eliminare in caso di attacco. E’ auspicabile pertanto che le Autorità competenti adeguino rapidamente le misure di difesa e protezione del personale preposto al presidio dei varchi di sicurezza che risulta evidentemente troppo esposto a questa tipologia di minaccia. Umberto Malato, colonnello nei Carabinieri