Ristoratore condannato in Cassazione per violazione Legge 300/1970 art. 4

Con la sentenza n. 17027 dello scorso 17 aprile, la Cassazione Penale ha confermato la condanna di un ristoratore di Palermo per aver installato un impianto di videosorveglianza senza avere richiesto l’autorizzazione all’Ispettorato del Lavoro. La Corte non ha preso in considerazione come attenuante la non conoscenza del divieto, invocata dal ricorrente in quanto rientrato da poco tempo in Italia  dopo una lunga permanenza negli Stati Uniti, dove valgono regole diverse. Secondo la legge, infatti, la titolarietà dell’esercizio commerciale presuppone la conoscenza di tutte le norme relative.  

I fatti: in seguito ad un sopralluogo presso l’attività commerciale in questione, gli ispettori avevano riscontrato che nei locali del ristorante erano state installate quattro telecamere a circuito chiuso. Il posizionamento delle telecamere aveva fatto ritenere al giudice di merito (Tribunale penale di Palermo) che il sistema di videosorveglianza non fosse esclusivamente rivolto alla prevenzione di reati contro il patrimonio aziendale, ma anche al controllo a distanza del personale dipendente, espressamente vietato dalla dall’art. 4 comma 1 della Legge 300/1970 se non in presenza di autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro.

Questa sentenza– oltre a confermare la costanza di orientamento della Cassazione Penale – mette in evidenza altri due aspetti rilevanti in sede di progettazione/installazione di un sistema di videosorveglianza all’interno di locali frequentati da lavoratori dipendenti:

a.  Per infrangere il divieto del controllo a distanza mediante sistemi audiovisivi, non è necessario che il datore di lavoro ponga in essere un sistema “occulto” per controllare la produttività dei propri dipendenti: l’essenza della sanzione deriva infatti dall’uso stesso di impianti audiovisivi, anche se “palesi”, senza il previsto accordo preventivo con le parti sociali;

b.  E’ stata richiamata la pronuncia n. 4331 del 30 gennaio 2014 della stessa Cassazione (vedi securindex 4 febbraio 2014)  secondo cui l’idoneità degli impianti a ledere il bene giuridico protetto – cioè il diritto alla riservatezza dei lavoratori – sussiste anche se l’impianto non è messo in funzione perché la norma sanziona a priori l’installazione, prescindendo dal suo utilizzo o meno.

 

 

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